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Cantiere e sostenibilità: La sfida del cantiere sostenibile

05/05/2023

Pubblicato da Redazione

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È in cantiere che tutte le fasi precedenti inerenti alla realizzazione di un’opera trovano la loro piena realizzazione. Il che vuol dire, rispetto alla sostenibilità, raggiungere o meno risultati significativi nel rispetto del quadro progettuale e degli obiettivi prefissati

 

Sulla scorta delle politiche di transizione ecologica a livello nazionale ed europeo - dai 17 obiettivi dell’ONU al Green Deal, fino alla Next Generation Eu e al PNRR - le stazioni appaltanti attribuiscono sempre più importanza alla capacità dei soggetti della filiera (società di progettazione, imprese di costruzioni, aziende produttrici di materiali e di soluzioni tecnologiche, società di servizi) di declinare la sostenibilità nella fase di cantiere, per l’ampiezza e la specificità di tematiche che alla fine possono fare la differenza. Il cantiere sostenibile costituisce quindi un fondamentale banco di prova della nostra capacità di “praticare” concretamente la sostenibilità. E accettarne la sfida diventa altresì una grande opportunità.

Dal punto di vista economico è qui che si può massimizzare l’efficienza e il riutilizzo delle risorse, cercando di rispettare il principio del “Reduce-Reuse-Recycle”. Ed è qui che, dal punto di vista sociale, si creano le premesse per un rinnovato benessere della popolazione interessata dalle aree di cantiere e, successivamente, dall’opera che verrà realizzata. È nella fase di cantiere che, anche dal punto di vista ambientale, si può ridurre al minimo l’impatto sul territorio, ad esempio puntando al raggiungimento della Carbon Neutrality o alla riduzione della Carbon Footprint, ma anche rispettando tutte le componenti ambientali, come acque profonde e di superficie, aria, suolo e sottosuolo, biodiversità, clima e paesaggio. Tematiche ambientali molto sensibili - quali l’utilizzo di energie rinnovabili, la gestione delle acque, il recupero dei rifiuti, la massimizzazione dell’uso dei sottoprodotti, a cui se ne affiancano molte altre - definiscono l’ampia e articolata galassia delle opportunità di raggiungere risultati decisivi nel processo di costruzione di un’infrastruttura dalle caratteristiche sempre più sostenibili. 

 

Cantiere sostenibile: una definizione

Un cantiere sostenibile può definirsi tale nella misura in cui è in grado di rispondere in maniera adeguata a specifici requisiti di sostenibilità. Ciò si riflette innanzitutto nello studio della cantierizzazione, così come nella sua operatività e negli impatti che si verificano successivamente alla chiusura del cantiere stesso. Il cantiere deve quindi essere sostenibile: dal punto di vista economico, puntando l’attenzione su un uso sapiente delle risorse, incentivando il più possibile il riutilizzo delle materie prime e incentivando logiche di economia circolare (legandosi a tematiche quali reduce, “reuse”, “recycle”, “renewable”); dal punto di vista ambientale, mirando a un suo inserimento nel territorio che sia il meno impattante possibile, contenendo le emissioni di CO2 e degli agenti inquinanti, prevedendo un corretto trattamento e/o smaltimento dei residui di lavorazione; dal punto di vista sociale, mettendo al centro fin da subito la comunità che interagirà con il cantiere e, soprattutto, con l’opera finale che il cantiere stesso è chiamato a realizzare. La trasparenza, anche a livello comunicativo, è un aspetto di fondamentale importanza.

 

Gli indirizzi nazionali e internazionali

Nell’ambito del programma Next Generation EU il Regolamento UE 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il dispositivo per la Ripresa e la Resilienza a seguito dell’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 ha contribuito all’integrazione di misure politiche volte alla sostenibilità ambientale e al conseguimento dell’obiettivo globale di dedicare il 30% della spesa di bilancio dell’Unione Europea a sostegno degli obiettivi climatici. In tal senso, il dispositivo finanzia unicamente le misure che rispettano pienamente le norme e le priorità dell’Unione Europea e il principio “Do No Significant Harm” (DNSH), che prevede che gli interventi che rientrano nell’ambito del PNRR non arrechino alcun danno significativo all’ambiente, ai sensi del Regolamento UE 2020/852 sopracitato. Nel contesto nazionale, grazie all’utilizzo dei fondi europei di Next Generation EU, l’Italia ha tracciato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che intende realizzare per attenuare le conseguenze economiche e sociali della pandemia e rendere il Paese più equo, verde e inclusivo. Infatti, in linea con l’Agenda 2030 e gli orientamenti europei, l’Italia ha posto al centro delle politiche di rilancio la transizione ecologica e digitale.

Il PNRR rappresenta un’opportunità senza precedenti per determinare una svolta nella costruzione di un modello di sviluppo più resiliente, inclusivo e sostenibile. Le risorse finanziarie rese disponibili, l’obbligo per gli interventi previsti di rispettare il principio Do No Significant Harm (DNSH), pena l’esclusione dall’accesso ai finanziamenti, individuano un’unica chiara via in cui la strategia globale di sviluppo sostenibile prende forma concreta in progetti volti al raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica, di transizione ecologica e inclusione sociale per realizzare i territori e le comunità del futuro, più coesi, verdi, attrattivi, moderni e digitali. In questo contesto un contributo prezioso è fornito dall’utilizzo di Metodologie e Protocolli di Sostenibilità. Strumenti quali il Protocollo Envision, gli standard internazionali in tema di Carbon Footprint e Life Cycle Assessment o le norme ISO sui Sistemi di Gestione introducono nuovi criteri e approcci per valutare la sostenibilità delle opere e possono accompagnare la transizione in atto offrendo elementi utili per progettare e realizzare infrastrutture sostenibili, dando anche maggiore concretezza ai principi relativi all’impatto ambientale presenti nel DNSH, che possono trovare applicazione concreta in cantiere.

 

Come valutare la sostenibilità del cantiere

L’AIS (Associazione Infrastrutture Sostenibili) ha messo a punto una proposta metodologica per rispondere all’assenza di metriche comuni per declinare la sostenibilità nell’ambito del cantiere. Come? Mettendo al centro e portando a fattor comune le migliori esperienze in ambito di sostenibilità di cantiere, praticate, conosciute e valutate da un gran numero di aziende diverse. Un patrimonio dal quale si è partiti per declinare una proposta organica, allo stesso tempo olistica e di dettaglio, che si è concretizzata in uno strumento di valutazione innovativo che attraversa 11 ambiti problematici e che coinvolge tutte le tipologie di attori, legando aspetti tecnici e sociali, senza trascurare l’importanza della capacità di governare processi, scelte e comportamenti. L’ideazione di un nuovo modello di cantiere sostenibile nasce infatti dalla volontà di coniugare e identificare una serie di buone pratiche che, analizzando le principali componenti presenti in un cantiere, possono permettere di implementare la sostenibilità anche in fase di costruzione. Il punto di partenza è stata l’individuazione di 12 ambiti problematici rispettivamente relativi a: suolo e terre (impatto e recupero rocce di scavo); gestione acque in cantiere; gestione dei rifiuti (“waste”); energia; aria e clima; agenti fisici (rumori, vibrazioni, inquinamento); elementi biotici (flora e fauna/paesaggio); ciclo di vita (LCA); mobilità; ambiente sociale; sicurezza; digitalizzazione. Dall’analisi sono emersi e sono stati condivisi i seguenti quattro obiettivi: contenimento delle emissioni (inteso come CO2 e/o altre emissioni inquinanti); tutela/salvaguardia degli elementi naturali e storici (intesi tutti gli elementi ambientali e naturali del paesaggio, non solo di pregio, ma anche quelli storico-culturali); riuso e riciclo (relativamente ai materiali, alle terre e rocce, ai rifiuti, all’acqua e all’energia); impatto sulla comunità/ambiente sociale/ambiente esterno (comprensivo del coinvolgimento degli stakeholder).

 

Il ruolo della digitalizzazione

La digitalizzazione può aiutare a perseguire obiettivi di sostenibilità concreti e misurabili. Il BIM (Building Information Modeling), in primis, rappresenta certamente un elemento chiave per studiare la fattibilità di un’opera e curarne la progettazione. L’integrazione tra processi BIM e tecnologie GIS (Geographic Information System) consente di analizzare anche il contesto territoriale e le sue trasformazioni in atto. Il BIM può inoltre supportare in maniera efficiente le fasi costruttive, così come le attività legate alla gestione, manutenzione e successiva dismissione di un’infrastruttura. Nell’intero ciclo vita dell’opera, dunque, è fondamentale considerare e gestire i vari livelli delle cosiddette dimensioni del BIM, che dal 3D evolvono in 4D (gestione tempi), 5D (gestione costi), 6D (Facility Management) e 7D (sostenibilità).

L’avvento di soluzioni affini all’Internet of Things (IoT), la fibra ottica e il 5G sono ormai realtà che garantiscono applicazioni inimmaginabili solo fino a qualche anno fa. Ciò permette la trasmissione di moltissime informazioni raccolte “on site” per una loro lettura in tempo reale, rielaborazione e integrazione anche attraverso algoritmi di Artificial Intelligence (AI) e Machine Learning (ML) che agevolano la gestione e il monitoraggio delle infrastrutture interessate. L’apporto della “blockchain” può essere un ulteriore elemento di supporto, fondamentale per assicurare transazioni e archiviazioni di dati in maniera fluida e soprattutto sicura. Le metodologie digitali permettono inoltre di agevolare la gestione del cantiere attraverso soluzioni innovative per la tracciabilità e il controllo dei materiali da costruzione e delle forniture e per la tracciabilità dei processi di produzione e montaggio, anche ai fine del controllo dei costi del ciclo di vita dell’opera. Questo può riguardare il ricorso a tecnologie come i tag RFID (Radio-Frequency IDentification) per il tracciamento dei materiali, ma anche del personale e dei mezzi in cantiere. Un generale approccio supportato da metodologie digitali può agevolare lo screening e il controllo delle informazioni, in diverse fasi e a vari scopi.

Uno dei possibili approcci di digitalizzazione riguarda, come noto, la virtualizzazione delle opere da realizzare. Quest’attività consente di abilitare simulazioni utili a rappresentare in una fase progettuale possibili scenari, impatti dell’opera da realizzare, situazioni realistiche che si verificheranno in cantiere ed evidenziazione di criticità. Questo tema può pertanto rientrare in applicazioni dedicate e mirate sul progetto, inserendosi in percorsi di training e addestramento del personale che sarà coinvolto nella realizzazione dell’opera. In tal modo gli addetti ai lavori sono in grado di visualizzare in anticipo le situazioni che si andranno a generare una volta che il sito di costruzione sarà avviato. La possibilità di studiare le problematiche di progetto in questo modo consente sia di evidenziare facilmente elementi critici, anche dall’ufficio, prima ancora di raggiungere il cantiere. 

Riguardo alla massimizzazione del riutilizzo delle risorse - in particolare le terre, ad esempio - esistono soluzioni software in grado di simulare differenti scenari e restituire determinate alternative di tracciato a seguito dell’applicazione di determinati algoritmi di ottimizzazione. Questo processo consente di anticipare valutazioni riguardo un efficiente ed efficace movimento terre, da attuare e monitorare successivamente in cantiere. Inoltre, queste simulazioni possono tenere conto anche dei flussi di traffico (veicolare, per il trasporto del materiale) utili a supportare il progettista nell’individuazione dell’alternativa considerata migliore nella fase di cantiere. Quest’impostazione consente, tra le altre cose, di avere una previsione riguardo alle varie voci di costo, così come agli impatti legati all’inquinamento acustico e agli agenti fisici quali la CO2, derivante sia dalle lavorazioni legate alla realizzazione dell’opera infrastrutturale, così come a quanto associato ai flussi di traffico veicolare stimati per le differenti alternative progettuali. I dati elaborati dagli algoritmi e i processi di calcolo possono anche legarsi a specifici database condivisi a livello nazionale.

 

Software per le analisi di sostenibilità

Le analisi sul ciclo di vita di un’opera, siano esse Life Cycle Analysis (LCA) o Life Cycle Costing (LCC), richiedono un volume considerevole di dati, la cui accuratezza è fondamentale per garantire la qualità degli studi nel loro complesso.

La prospettiva di condurre analisi di sostenibilità sull’intero ciclo di vita di opere relative al mondo delle costruzioni richiede disponibilità significative di dati ed informazioni da gestire (materiali, produzione, processi, eccetera). Le potenzialità del processo di digitalizzazione, che permette di archiviare e gestire le informazioni di ogni singolo componente dell’opera, offrono l’opportunità di supportare il processo decisionale della progettazione, perseguendo un approccio “lifecycle” che integri nei modelli informativi informazioni relative agli impatti ambientali dei singoli componenti.

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale e delle analisi LCA, i dati variano notevolmente in base agli standard dei vari paesi e in funzione della loro origine. Questi dati si suddividono in: dati diretti (primari o specifici), ricavati direttamente attraverso l’analisi degli elaborati progettuali, reperiti di persona o in sito; dati indiretti (secondari o generici), provenienti da letteratura o studi equivalenti sotto forma di database.

 

La rivoluzione “green” è iniziata

La rivoluzione “green” è iniziata anche nel settore delle macchine per le costruzioni. Sul mercato sono molte le case che offrono una gamma di mezzi elettrici o ibridi: dai miniescavatori ai camion con gru, fino alle betoniere. La svolta sostenibile è dietro l’angolo ed è l’obiettivo a cui tendere. Le tecnologie a basso impatto sono realtà: ma se sono sostenibili a livello ambientale, lo sono pure dal punto di vista economico? A oggi, un cantiere a zero emissioni costa ancora circa il 30% in più di uno “tradizionale”, anche se poi il risparmio si ammortizza nel lungo periodo grazie a costi di alimentazione e manutenzione ridotti. Al momento, quindi, la strada per rendere le nuove tecnologie rispettose dell’ambiente anche più competitive pare legata all’attivazione di politiche di incentivi, per stimolare la domanda e attivare economie di scala verso la transizione completa del parco mezzi. Se n’è parlato in occasione del SaMoTer, il salone internazionale delle macchine per costruzione, andato in scena a Verona, in occasione del convegno “Lavorare a zero emissioni? Ecco come, nel nostro cantiere urbano virtuale”. Tante sono state le testimonianze dal mercato. 

“Per prima cosa abbiamo analizzato la fattibilità tecnica in termini di disponibilità di mezzi a impatto zero e abbiamo constatato che camion, betoniere, miniescavatori, furgoni e ‘power bank’ mobili sono oggi presenti sul mercato”, ha spiegato Claudio Bettini di Site. “In seguito, ci siamo concentrati sulla convenienza economica e abbiamo rilevato che a oggi, conti alla mano, il gap tra cantiere tradizionale e cantiere a zero emissioni è del 30% a svantaggio di quest’ultimo. A pesare sono i maggiori costi delle macchine, mentre in termini di costi di alimentazione e costi di manutenzione il cantiere sostenibile è più vantaggioso”.

“Per poter portare avanti il cantiere a zero emissioni serve la collaborazione di tutta la filiera”, ha spiegato Karim Moussa di Tesmec, che nel cantiere virtuale ha messo a disposizione un georadar per controllare i sottoservizi e un escavatore gommato elettrico. “Una politica incentivante è fondamentale per stimolare la domanda di mercato e attivare, a cascata, economie di scala”. “Occorre attivare leve che permettano ai costruttori di produrre di più”, ha concordato Emanuele Viel di Komatsu, che a breve lancerà il suo primo escavatore 100% elettrico. “Oltre agli incentivi, gare d’appalto premianti per i cantieri a zero emissioni certamente stimolerebbero la richiesta di macchine elettriche”. “Presto nuove tecnologie permetteranno di aumentare la densità del pacco batterie con evidenti ricadute positive in termini economici”, ha concluso Francesco Mastrandrea di E-Gap Engineering, fornitore di sistemi di ricarica mobili. “I veicoli a zero emissioni ci sono, il settore delle costruzioni è a un punto di svolta, in futuro il problema della disponibilità di potenza sarà reale anche nei cantieri”.

 

L’impatto ambientale dei cantieri Superbonus

Con il Superbonus gli edifici hanno registrato una riduzione del 50% delle emissioni di CO2 e un risparmio in bolletta tra il 30,9% (salto di due classi) e il 46,4% (salto di tre classi). Il settore si troverà nei prossimi anni a far fronte alla direttiva UE sulle case “green” (che prevede che entro il 2033 gli edifici raggiungano la classe minima D), agli impegni sulla neutralità carbonica (emissioni zero al 2050). In uno scenario in cui si stima che in Italia il settore delle costruzioni consumi oltre il 30% dell’energia primaria (generata per il 93% da fonti non rinnovabili) e sia responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra risulta particolarmente rilevante anche una valutazione dell’impatto positivo a livello ambientale di questa misura. 

Lo studio “110% Monitor”, divulgato periodicamente da Nomisma, segnala che nella rilevazione resa disponibile a gennaio dall’Enea relativamente alle Detrazioni Fiscali il totale complessivo dei lavori avviati per l’efficientamento energetico nel nostro Paese risultava pari a 65,3 miliardi di euro, con un investimento medio di 175.234 euro. Il 47% del totale, pari a complessivi 30,5 miliardi di euro (e un investimento medio pari a 594.892 euro), ha riguardato interventi pianificati nei condomini, contro 24,5 miliardi degli edifici unifamiliari (113.846 euro di media) e 10,3 miliardi relativi a edifici funzionalmente indipendenti (96.878 euro di media). Complessivamente, le asseverazioni depositate nel 2022 sono state 372.297 a fronte di un valore degli interventi completati pari a 49,7 miliardi di euro.

Ciò avrebbe provocato una riduzione totale delle emissioni di CO2 in atmosfera, responsabile mediamente del 40% del totale con punte fino al 70% nelle grandi città, stimata in 1,42 milioni di tonnellate. Al riguardo, l’investimento per la transizione ecologica attraverso il Superbonus è di 59 euro per tonnellata di CO2, contro 52 euro per Trasporti e 95 per Industria. Questo peraltro si riflette sul bilancio delle famiglie, con risparmi pari a circa 29 miliardi di euro (dati stimati da Nomisma sui cantieri già conclusi). Nello specifico, per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, considerando anche il periodo straordinario di aumento dei costi dell’energia, è infatti risultato pari a 964 euro all’anno. Lo studio evidenzia anche una riduzione del 15,5% per un solo salto di classe energetica, 30,9% per un salto di due classi energetiche e del 46,4% per un salto di tre classi.

 

Sostenibilità e infrastrutture

Lorenzo Orsenigo, presidente di AIS (Associazione Infrastrutture Sostenibili): “Infrastrutture e sostenibilità sono tra i temi di maggiore rilevanza per questa nuova stagione di investimenti in un ambito strategico per la competitività del sistema Italia. Non solo il PNRR e i fondi strutturali europei, ma anche il mondo della finanza guarda con grandissimo interesse alle nostre potenzialità di sviluppo, stante i ritardi accumulati rispetto agli altri grandi stati europei. Ovviamente i criteri con cui vengono decisi i finanziamenti non possono che essere improntati su una verifica dei livelli di sostenibilità fin dalla fase progettuale. Il riferimento oggi imprescindibile è agli ESG. Diventa, allora, essenziale dotarsi di strumenti in grado di misurare questa sostenibilità nelle sue tre declinazioni: ambientale, sociale ed economica. Per questo motivo, come AIS, promuoviamo il ricorso a protocolli di sostenibilità e a schemi trasparenti e indipendenti di valutazione, contribuendo anche con proposte originali attraverso documenti di orientamento metodologico, destinati alle stazioni appaltanti, alle società di progettazione e alle imprese e società di servizi. Soluzioni e strumenti come quello sul cantiere sostenibile già oggetto di prime sperimentazioni. Dal Governo ci aspettiamo un’accelerazione dei processi basata su un ampio ricorso a criteri di premialità nelle gare di appalto e nella selezione degli operatori”. 

 

Direttiva Case Green: sfida o opportunità?

La nuova proposta di direttiva UE sulle “case green”, che ambisce a rendere il patrimonio immobiliare europeo totalmente a emissioni zero entro il 2050, prevede una ‘timeline’ serrata da qui al 20033, con un notevole impatto sul settore delle costruzioni. Secondo i dati Ance, raggiungere il primo step della direttiva Ue significherebbe intervenire su 1,8 milioni gli edifici che in 10 anni dovranno migliorare la prestazione energetica, per un totale di circa 180.000 interventi l’anno, con un investimento di circa 59 miliardi di euro tra la riqualificazione degli immobili residenziali e strumentali. Un impegno importante per una filiera che ha tanta voglia di innovazione e che, come registra Federcostruzioni, nel 2022 ha visto crescere del +12,8% il valore degli investimenti secondo i dati Istat e del 5,3% del valore della Produzione (dati Ance).

Il nostro patrimonio immobiliare, infatti, è particolarmente energivoro. Lo testimoniano i dati ENEA, da cui emerge che il 60% degli edifici italiani è ricompreso nelle due classi peggiori (F e G). Al di là delle diverse metodologie di classificazione, parliamo di un dato molto più alto rispetto a Francia (17%) e Germania (6%). Secondo l’analisi di Ance, portare a termine l’ambizioso piano UE richiederà un ritmo degli interventi così elevato che potrà essere concretizzato solo grazie all’ausilio di incentivi. Come emerso durante la conferenza stampa di presentazione di SAIE 2023 occorre quindi un piano di azione fatto da investimenti pubblici e finanziamenti accessibili alle famiglie, da attuare quanto prima per abilitare la filiera della Costruzioni a rendere gradualmente più efficiente tutto il parco immobiliare, responsabile del 40% delle emissioni di CO2. Oltre a ciò è necessario abilitare la spinta innovativa del settore: “Il principio contenuto nella direttiva Case Green è certamente condivisibile. La sostenibilità è di centrale importanza. Come Assimpredil Ance è ormai da tempo che siamo impegnati per portarla avanti con i nostri associati”, ha dichiarato Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance. “La sfida che arriva dall’Europa, soprattutto considerando le peculiarità del patrimonio immobiliare italiano, è importante e un grande Piano europeo per la neutralità e l’indipendenza energetica, deve essere necessariamente sostenuto da politiche di investimento comunitarie in grado di garantire risorse per gli investimenti richiesti, sotto forma di trasferimenti e prestiti per le famiglie sottoposte agli obblighi di riqualificazione”.

 

Da Volvo Trucks, camion elettrici pesanti per il settore delle costruzioni

La richiesta di trasporto elettrico nel settore delle costruzioni è in aumento: le zone a zero emissioni nelle città e la necessità per le imprese di costruzione di soddisfare gli obiettivi climatici sono le due forze trainanti. Volvo Trucks ha pertanto sviluppato i veicoli elettrici FM e FMX con applicazioni integrate che consentono ai clienti del settore delle costruzioni di passare a un trasporto più sostenibile, con livelli di rumore più bassi e meno emissioni inquinanti di gas di scarico nei cantieri urbani e nei dintorni. Veicoli per applicazioni di cantiere, trattori e motrici per accogliere diversi tipi di allestimento come cassoni ribaltabili, betoniere e gru, sono ora disponibili in versione elettrica. I nuovi veicoli elettrici sono flessibili grazie a una varietà di opzioni di cabine, configurazione di pacchi batterie, ampia disponibilità di configurazione d’assali e di passi, permettendo quindi di personalizzare il mezzo e gestire una vasta gamma di operazioni di costruzione. I clienti possono scegliere pacchi batteria da sei unità fino a due per soddisfare le loro esigenze specifiche per gamma e carico utile. I nuovi carri hanno una capacità della batteria compresa tra 540-180 kWh. “La nostra gamma elettrica è oggi completa anche nel segmento dei pesanti”, ha precisato Arthur Fricks Gomes di Volvo Trucks. “Il nostro obiettivo, a tendere, è arrivare ad avere solo veicoli a zero emissioni”. 

 

JCB punta sull’idrogeno

Se ancora alcune misure e potenze non si possono elettrificare, le emissioni si possono ridurre. Con l’idrogeno, ad esempio, come propone JCB. Al momento la tecnologia esiste, i mezzi funzionano, bisogna lavorare però per ottimizzare la produzione dell’idrogeno verde e il sistema di distribuzione. Il motore a combustione a idrogeno di JCB - la soluzione a zero emissioni di carbonio dell’azienda per le macchine edili e agricole – ha fatto il suo debutto alla fiera Conexpo 2023 di Las Vegas nell’ambito dell’International Fluid Power Exposition (IFPE). Il presidente di JCB, Lord Bamford, che sta guidando personalmente il progetto per sviluppare la tecnologia a idrogeno di JCB, ha affermato: “Il team di ingegneri JCB ha fatto passi da gigante in un breve lasso di tempo per sviluppare un motore a combustione interna a idrogeno che alimenta già i prototipi di una terna e di un sollevatore telescopico. Come prima azienda di macchine movimento terra a sviluppare un motore a combustione alimentato a idrogeno completamente funzionante sono lieto di affermare che ora siamo in grado di presentare questa tecnologia sulla scena internazionale”. All’avanguardia nel settore ambientale, sociale e di governance (ESG) per il settore delle macchine per l’edilizia, JCB è stata responsabile di una serie di innovazioni per il settore nell’ambito della sua strategia “Road to Zero”. L’azienda britannica ha sviluppato il primo miniescavatore elettrico a batteria al mondo ed è stata all’avanguardia nello sviluppo della tecnologia elettrica per soddisfare le richieste dei clienti di prodotti a zero emissioni di carbonio con la sua gamma E-TECH. Oggi JCB dispone di un’ampia gamma elettrica disponibile nel settore delle costruzioni. L’impegno del costruttore per la riduzione delle emissioni risale a quasi 25 anni fa e i suoi ultimi motori diesel hanno già raggiunto una riduzione del 97% delle emissioni di NOx dal 1999 e del 98% del particolato. Oggi le macchine diesel di JCB emettono il 50% in meno di CO2 rispetto a quelle prodotte nel 2010. 

 

Le macchine da cantiere “attaccano la spina”

Il settore Construction è uno dei comparti che più sposa la conversione elettrica e che sta puntando sull’elettrificazione dei mezzi compatti. In occasione del SaMoTer 2023, Marco Righi, CEO and Founder di Flash Battery, ha sottolineato le esigenze di elettrificazione nel comparto e le peculiarità che deve possedere una batteria al litio progettata per questo settore, “il quale per natura tende a essere energivoro e necessita di grande autonomia e potenza, senza sottovalutare l’aspetto legato alla sicurezza. Scegliere la giusta batteria al litio progettata a misura delle esigenze del proprio mezzo è fondamentale per abbracciare a 360° un approccio sostenibile, che comporta un efficientamento significativo e un miglioramento complessivo delle performance dei mezzi, senza tralasciare una riduzione di costi ambientali ed economici. L’elettrificazione nel settore Construction è un trend in forte crescita. Siamo consapevoli che in questo momento non può ancora coinvolgere tutta la gamma delle macchine movimento terra, a causa dell’alta densità energetica richiesta e del loro elevato consumo, ma l’evoluzione tecnologica delle chimiche al litio è molto veloce e ci fa ben sperare nel futuro. È un percorso di crescita graduale, ma con grandi potenzialità”.

 

 

 

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